La morte che fra i campi riarsi spinge il vento
Spinge i mei giorni stanchi; quella che fa ammalare la città in cui
Dormo
Alimenta il germe della distruzione.
Terrificante e tesa, forse attesa!
Ci sospinge ad un’esiziale collasso
(Suicidio di pace ed affanno)
Dove ritorna la vita a plasmare
Sé stessa. Oppure
Mano nella mano con la figlia del dolore
Avvolge al tuo collo le sue lunghe spire
E tu affondi e soffochi lievemente
Poiché niente in un buco nero
Può rinascere.
La morte che fra le labbra nude spinge il verbo
Trasforma e ricrea ogni foglia o albero; la stessa
Che muta il cadavere in cenere, muta
La notte in giorno.
E sono strano a capire
Che tutto è un costante sorgere e crollare.
Strano a capire che le immagini si scontrano
Dove esplode lo stesso germe della creazione.
Da “Mosaico“, raccolta di poesie, Catania 2010